Daniela Soria nasce all’Elba in una famiglia di musicisti che ha dato le basi a tutto il paese, Sant’Ilario. Una famiglia in musica da generazioni. “Ravanatera” vuol dire: ravanare, cercare nella terra. Cercare le radici.
Di Viola Viteritti
“Ho spartiti del mio bisnonno”
“Una famiglia di scuola popolare, che imparava la musica nella banda o in chiesa. Il fatto di essere in un territorio limitato, un paese piccolo, ha permesso di tramandare questa tradizione del canto. E come insegnante di canto sto notando che all’Elba c’è un grande orecchio musicale, tantissimi ragazzi che suonano e cantano, una grande predisposizione alla musica, perché l’orecchio musicale si formava fin da subito. Tutti andavano a fare il coro della chiesa, era un rito della comunità, la musica accomunava tutto. Io vengo da queste radici qui”
Nel lungo periodo di lontananza dalla sua isola, Daniela ci racconta che ha sentito tutto il legame profondo con la sua terra.
Stavo a Siena, mi sposai, avevo un lavoro fisso, ero sistemata e tranquilla. Ma ero infelice. Ho fatto due anni di jazz e ho iniziato a insegnare appena ho avuto il metodo in mano. Sentivo la necessità di approfondire il mio passato. Ho fatto parte della Compagnia degli Alfredini di Sergio Rossi, regista e scrittore di storie basate sulla memoria popolare. Ha fatto una ricerca etnografica ed etnologica, intervistando gli anziani dell’epoca negli Settanta e ragazzi giovani. Da queste ricerche sono nati spettacoli che io ho ripreso fin da prima di andare a Siena, volevo prendere in mano questi canti. Poi, una volta distaccata dall’Elba, è venuto fuori l’amore immenso per questo scoglio, il mare che mi mancava”.
Dal primo disco al ritorno all’Elba
Ogni desiderio è fatto di magia, una magia che brilla negli occhi di Daniela e mostra la profondità del legame con il territorio delle Isole di Toscana.
Se lo sogni, attrai. Nel 2011 nasce il primo disco, “Lo scoglio verde”, con musicisti fiorentini e il coro di Sant’Ilario. Musica dell’Elba ma anche colta, ricercata, coinvolgendo anche musicisti classici. Abbiamo inserito maggi, canzoni del carnevale scritte da mio nonno, stornelli antichi, montanare dell’Elba est e Elba ovest (esistono varie versioni della stessa canzone)! Poi, finalmente, il ritorno all’Elba, con ricerche ad ampio raggio: “Intervistavo parenti, familiari, anziani, sulle filastrocche, le usanze, usi e costumi. Ho fatto tantissime foto. E la domanda: ‘e nelle altre isole cosa succedeva?’. Ho parenti in Corsica, che ha una sorellanza con Elba e Capraia, siamo tutti fratelli e sorelle di mare. Alcuni parenti ci sono emigrati, e alternavano il lavoro di contadini al suonare di sera.
Daniela è stata al Giglio e a Capraia a recuperare queste tracce comuni. Nel frattempo, nascono i Ravanatera, che ripropongono gli stornelli isolani in veste mediterranea. Una sonorità con strumenti come il bouzouki (chitarra greca, ndr), arrangiando le parti per avere un tappeto su cui muoversi che fosse più adatto ai giorni nostri, un lavoro di ricerca che esulasse dalla tarantella.
Dare voce alla propria identità culturale
Nel progetto di dare voce alle forti radici, intrise di sapere popolare delle Isole di Toscana, anche un messaggio.
“Che la cosa abbia valore è riconosciuta, ma ci troviamo a combattere con un’attualità e con tendenze che vanno altrove. E’ una battaglia su molti fronti. Musicalmente, è un taglio continuo col passato. Non disdegno la musica elettronica, ma la difficoltà è insegnare la melodia ai ragazzi. Si sta perdendo la capacità di ascoltare. La voce è fatta di ciò che ascolti. L’insegnamento stesso è un rapporto profondo con le persone, per ascoltarsi a vicenda. Il canto deve essere così”.
E sottolinea la necessità di andare avanti con queste ricerche, affidate all’’iniziativa di pochi:
“Se continuiamo a non registrare ciò che fino a poco tempo fa si sapeva, perdiamo tutto. Il mio appello è per sensibilizzare in tutti i sensi: abbiamo bisogno di sostegno e che l’importanza di salvare le nostre radici venga compresa. La musica popolare, il sapere che tramanda, attira i bambini, sostiene gli anziani e i ragazzi aprono la mente”.L’identità e la cultura di un luogo vivono del sapere popolare, della tradizione orale e della musica che accompagnava la vita. “Parliamo di un tempo in cui l’uomo era connesso con la natura: terra, mare, cielo – si guardava la luna per seminare, le stelle per navigare. La natura era parte predominante della vita, il canto era l’epoca delle persone, e nel canto si fa riferimento a situazioni peculiari. Una su tutte, il canto del “Bove marino”, la foca monaca, e nel canto c’è il percorso della sua estinzione, perché dava noia ai pescatori. Nel canto si parla del cibo, della terra, della cultura contadina. Dei minatori dell’Elba. Si parla di estrazione del ferro, si parla in capoliverese!“
E ringrazia tutti i componenti: Francesco Porro (chitarra acustica, cori, voce solista e narrante), Susanna di Scala (violino e cori), Massimo Galli (chitarra elettrica, bouzouki, cori) e Alessandro Balestrini (percussioni multietniche).
Il progetto musicale di Daniela Soria getta un ponte fra le isole, rendendole sorelle.