38 anni trascorsi a lavorare per le Miniere di Rio come motopalista, escavatorista e caricatore per le navi; iniziò a 15 anni e mezzo e andò in pensione a 50. Ecco la storia di Milvio Mancusi, raccontata dalla Young Reporter Marika Mancusi per la Riserva della Biosfera Isole di Toscana.
Come ha iniziato a lavorare in miniera ed i suoi compiti
Milvio Mancusi ha 80 anni, è nato e cresciuto a Cavo, un piccolo paesino nel Comune di Rio (nella zona Est dell’Isola D’Elba). Riguardo il suo inizio in miniera ce lo racconta lui stesso:
Io ero motopalista ed escavatorista. Sono entrato all’età di 15 anni e mezzo come apprendista. Iniziai da adolescente l’avviamento industriale ed ero molto bravo nei disegni geometrici, solo che non lo terminai perché volli andare a lavorare subito in miniera. Ho concluso tutto il tirocinio fino a diventare operaio specializzato e ho fatto 38 anni di miniera. Feci 15 mesi e mezzo di militare però ero in forza, non fui licenziato. Il secondo giorno mi vennero a prendere perché c’era un anziano in miniera che non riusciva più a lavorare sopra la motopala e dovetti ritornare subito in miniera.
Riguardo i turni invece:
Quando sono entrato io si facevano 10 ore al giorno e te ne pagavano solo 8. Ferie non ce n’erano e la domenica dovevi lavorare 6 ore per la manutenzione alla macchina, perché se il lunedì non andava ti “toccava una rimbalzata” perché ti venivano a chiedere come mai non fosse stata fatta manutenzione regolare. C’era disciplina, non potevi neanche parlare con il compagno di lavoro altrimenti ti multavano… non è stato semplice.
All’inizio Milvio lavorava per una Società di Torino, la Siat: le condizioni di lavoro non erano stupende. Ci ha lavorato per ben 14 anni. Successivamente, quando ci fu il passaggio ad una nuova Società di nome Italsider (con cui fece i restanti anni di lavoro), tutto cambiò in meglio:
Con l’Italsider era tutto cambiato perché si facevano le 8 ore, la domenica ed il sabato erano di festa. C’erano le ferie, si facevano le feste.
Come ci racconta lui stesso però era addetto anche alla caricazione dei minerali nei camion. Finché la nave non era pronta poteva fare anche 10 o 11 ore. Ha lavorato anche di notte, delle volte addirittura fino alle ore 23, perché si occupavano di fare l’impianto. Ci fu una volta purtroppo un brutto temporale, che distrusse i vari pontili per la caricazione e in quel caso furono costretti a far tardi la notte perché dovevano andare al Porto di Rio Marina per la caricazione, senza poter utilizzare il pontile più vicino a Cavo, quello situato nella spiaggia di Calaseregola.
Tra i lavori da svolgere in miniera c’era quello di eliminare mano mano le gallerie già presenti per estrarre minerali.
Io giravo tutte le gallerie per togliere il materiale che buttavano fuori.
Tra le varie zone di scavo ed estrazione ne ricorda alcuni come: Antenna Alta, Antenna Bassa, Il Bacino, Rosseto. In particolare al Rosseto c’erano i cosiddetti “raccattaggi“:
C’erano i vecchi che prendevano il materiale in giro.
Le giornate-tipo del lavoro di Milvio Mancusi
Durante l’intervista Milvio racconta le sue giornate passate in miniera. Si alzava la mattina presto, iniziava alle 7 e il pranzo era al sacco, veniva preparato e portato da casa.
Si portava un po’ di tutto… pasta, carne, pesce. Ci potevamo scaldare il pasto perché c’era lo scaldavivande e un addetto che lo preparava. Quando si doveva andare al pranzo, si andava lì e ci davano 30 minuti, massimo 1 ora; poi si doveva riprendere il lavoro […] Quando c’era la caricazione era più complicato perché non mi potevo fermare. E allora ti portavano loro un panino da mangiare e ti dicevano: “Mangia nel frattempo che fa la manovra la nave”. In 15 minuti la nave era già pronta e così ero sempre attivo…era dura perché non potevi mai fermarti.
Con la Siat l’orario di lavoro era dalle 7:00 alle 17:00 (10 ore); mentre con la nuova società Italsider l’orario era dalle 7:00 alle 15:00 (8 ore).
Le condizioni di lavoro cambiarono in meglio con Italsider per vari motivi. I primi anni era dura quando ero con la Siat sia perché ero solo ragazzo sia perchè lavoravo su un escavatore e su una motopala sulla quale non riuscivo nemmeno a starci su per quanto fosse grande ed alta.
Mi aveva insegnato un uomo, un algerino di nome Indino. Quest’uomo lavorava nelle risaie con le motopale e sapeva fare questo lavoro. Poi Indino andò a lavorare con l’azienda Caterpillar, mi voleva portare via con lui a fare l’istruttore, ma non volli andarci…sono sempre rimasto qui. Ho concluso tutto il tirocinio fino a diventare operaio qualificato. La mia mansione specifica è sempre stata quella di motopalista.
La prima cosa che Milvio doveva fare subito appena entrato a lavoro era caricare i camion con i materiali ricavati dalle gallerie. Quando lui iniziò a lavorare trovò le gallerie già fatte e man mano iniziarono a smantellarle partendo da Valle Giove fino a scendere sempre più giù e sono stati fatti i gradini. La lavorazione passò così a “cielo aperto”, e non fu più necessario lavorare più nelle gallerie.
Io andavo a togliere il materiale sotto le gallerie. Facevano i cumuli e tramite i vagoncini sulle rotaie veniva portato fuori il materiale.
Una volta che il materiale veniva tolto dalle gallerie veniva portato agli impianti. Ce n’erano due: uno a Calaseregola ed uno a Vigneria. A Vigneria l’impianto era utilizzato per i “misti piritosi” (se ne trovavano tanti alle Fornacelle): il materiale si frantumava e grazie a elettrocalamite veniva separato il ferro, mentre con la vasca dell’acido veniva invece separata la pirite: venivano così fatti due cumuli. La pirite veniva spedita alla Società Montedison di Montecatini per ricavarne concimi chimici ed altri materiali. Il ferro invece veniva mandato ai vari stabilimenti: a Piombino, a Taranto, a Bagnoli, a Cordignano…Veniva lavorato per realizzare lamiere, rotaie per i treni, tondini, ecc.. Appena arrivavano le navi caricavano e Milvio era addetto anche alla caricazione.
Ecco come avveniva il processo di caricazione:
Io caricavo i camion che scaricavano in una tramoggia il materiale. Dalla tramoggia con questo nastro trasportatore il materiale andava direttamente sulla stiva della nave. Prima veniva pesato il tutto. Infatti ogni camion veniva pesato prima in quelle che erano chiamate le “bascule”; poi quando si arrivava ad un determinato tonnellaggio la nave era considerata carica. Poi però a bordo erano loro che si muovevano nelle stive per portarlo a pari in modo tale che la nave stesse sul carico giusto.
Tra i compiti dei minatori c’era quello del pompaggio e dragaggio delle cosiddette “sabbie ferrifere”. Le sabbie ferrifere potevano dare fino al 60-70% del ferro e una volta pompate venivano messe a decantare dentro delle vasche affinché si togliesse l’acqua in eccesso. Passavano anche 1-2 settimane prima di poterle caricare nei camion per portarle agli impianti. Una volta che la sabbia veniva portata agli impianti veniva miscelata con l’oligisto, in modo tale che desse una percentuale superiore di ferro.
I punti di scavo: i minerali e le tecniche di estrazione tramite esplosivi
La maggiore quantità di pirite si trovava a Valle Giove, Antenna Alta ed Antenna Bassa. Ad Antenna in particolare, quando grazie agli esplosivi venivano recuperati i minerali, sono stati trovati dei cubi di diverse tonnellate che sembravano calcificati ma una volta toccati si disfacevano in quanto non ancora completamente calcificati.
Per quanto riguarda gli esplosivi funzionava in questo modo: c’erano delle sonde che foravano la parete praticando dei fori fino a 15 metri di profondità; all’interno venivano collocati gli esplosivi con un pezzo di gelatina “fulminante”. Lo scoppio avveniva in due mandate: una subito e la seconda poco dopo, partivano a due tempi. Veniva giù quasi metà montagna di materiale.
Valle Giove era il punto migliore di scavo, c’erano misti piritosi e tante gallerie.
I “vecchi” davano i nomi ai punti di scavo, come Livorno, Venezia ecc.. Livorno ad esempio è vicino alle Fornacelle. Si toglieva ematite come materiale. Era solo a cielo aperto, non c’erano gallerie. Poi c’era Venezia che era sopra per andare a “Il Puppaio”. [..] Una volta, mentre ero in un punto di scavo, dopo poche ore venni chiamato e mi dissero “Devi andare a Livorno, prendi il camion e vai a Livorno” e io non capivo all’inizio cosa intendessero. I primi giorni sembrava che ti prendessero in giro.
Alle Paffe, a Cavo, si trovava la famosa cava del calcare. Ci sono stati purtroppo anche dei morti, caduti giù dalla scarpata. Lì vicino in mare c’era un pontile di legno al quale attraccava un rimorchiatore con due chiatte. Veniva così caricato il calcare e portato a Piombino. Era fondamentale per far sì che il ferro non si solidificasse ma si potesse facilmente sciogliere. Il ferro, infatti, doveva contenere una giusta percentuale di silice per sciogliersi.
A Cavo si trovava l’unica cava di calcare dell’Isola d’Elba e tanto serpentino. Il serpentino, il minerale dal colore verde, veniva ridotto in polvere e distribuito. Ha una percentuale di argento ed oro ma non si riuscirebbe a separarla, ci vorrebbero dei macchinari particolari. Il problema è che contiene anche l’amianto e tanti lavoratori si sono ammalati di silicosi per questo motivo.
A Piombino tante persone si sono ammalate e percepiscono tutt’oggi delle indennità per aver lavorato il serpentino all’epoca.
Il laboratorio di chimica
A Rio Marina si trovava un laboratorio di chimica. All’interno c’era un frantoio che spaccava il minerale fino a ridurlo in polvere, così che venisse poi analizzato. Era molto importante l’analisi dei minerali durante la caricazione. Veniva rilasciato un documento sui minerali caricati in modo tale che non si potesse dire che il materiale fosse scadente. In questo documento c’era scritto il tipo di materiale che era stato caricato, la percentuale di ferro, ecc..
Le malattie prese per lavorare nelle gallerie in miniera
Milvio era tra i “fortunati”: ha sempre lavorato a cielo aperto e nelle gallerie non è mai entrato. Ma tanti dei suoi colleghi, come ci racconta, sono morti a causa della silicosi perché lavoravano all’interno delle gallerie e hanno respirato molte polveri.
Lui fortunatamente, non avendo mai lavorato all’interno delle gallerie, non si è mai ammalato di silicosi come i suoi compagni.
La Scuola mineraria di Rio Marina
A Rio Marina si trovava inoltre la Scuola Mineraria di Rio Marina, nella quale studiavano tanti giovani per imparare a lavorare all’interno delle gallerie delle miniere. Milvio iniziò come apprendista in officina mentre questi ragazzi furono avviati per lavorare nelle gallerie.
Mezzi di trasporto e macchinari vari
I primi anni tutti andavano a lavoro all’interno di un cassone di un camion, poi piano piano cambiò tutto e iniziarono ad esserci i pullman ed altri mezzi più comodi.
All’epoca inoltre non esistevano i camion per il trasporto dei materiali ricavati dalle gallerie ma c’era una ferrovia su cui passavano dei vagoncini attraverso i quali veniva trasportato il materiale giù verso gli impianti. Quando entrò Milvio invece era tutto cambiato perché c’erano le motopale che caricavano i materiali sui camion, i quali si recavano direttamente agli impianti.
A Calaseregola c’era la laveria, che serviva a lavare il materiale precedentemente frantumato. Veniva grana o vaglio. Fu fatto poi un impianto che cuoceva il minerale (sempre a Calaseregola), solo che purtroppo ci morì un ragazzo e non essendo inoltre molto conveniente tenerlo attivo fu dismesso.
A Vigneria invece c’era l’impianto specifico per i misti piritosi: separava la pirite e il ferro.
Agli inizi del ‘900, come gli venne raccontato dai vecchi, tanti minatori andavano a piedi piano piano da Rio Nell’Elba con la torcia di notte per arrivare in orario la mattina a lavoro, venivano usati perfino asini e cavalli. C’erano anche i cavalli che con il carretto venivano utilizzati per portare il materiale. Con lo sviluppo e l’introduzione dei mezzi, motopale e camion, tutto cambiò.
Gli scioperi, verso la chiusura delle miniere
Come racconta Milvio ogni tanto gli scioperi venivano fatti.
Il più brutto fu quello di Portoferraio, quando si bloccarono le navi e fummo denunciati: avevamo deciso di scioperare contro la chiusura delle miniere. Facemmo di tutto per non farle chiudere.
Milvio andò in pensione nel 1992 e le miniere continuarono a lavorare ancora per qualche anno. Non venivano più lavorati il ferro e la pirite ma veniva estratto il serpentino, si chiamava olivina, e serviva per gli acciai speciali. Il serpentino veniva portato a temperature elevate per fare l’acciaio a Piombino e a Taranto. Il migliore era quello di Piombino perché risultava più forte e si consumava meno rispetto a quello di Taranto.
Vennero fatti altri scioperi oltre a quello di Portoferraio per chiedere condizioni di lavoro migliori, l’aumento dei salari, la sicurezza sul lavoro. Ci sono stati dei morti soprattutto durante i lavori all’interno delle gallerie ma anche a cielo aperto. Gli incidenti capitati all’interno delle gallerie avvenivano ad esempio per un esplosivo esploso in ritardo o per frane interne.
Eravamo 200 uomini che andavamo in miniera. Successivamente ci fu qualche donna in magazzino ma la maggior parte lavorava negli uffici della contabilità. Tante avevano studiato ed erano ragioniere. In questi uffici della contabilità (gli uffici della società Italsider) venivano fatte le buste paga, ti davano le ferie, erano segnato tutto quello che uno faceva. Io all’ultimo ebbi 35 giorni di ferie. Presi anche il venticinquennale, ti davano una medaglia d’oro e i soldi. Poi presi anche il trentacinquennale ma a quel punto non c’era più la medaglia ma venivano dati solo soldi.
Era più facile che licenziasse la società che le persone si licenziassero. Parecchi dei miei colleghi vennero trasferiti. Alcuni andarono a Piombino. Con la Siat all’inizio tanti andarono a lavorare con la società a Torino, si svolgevano altri lavori, c’era una bulloneria. Parecchi ci sono stati a queste proposte e guadagnavano di più. Io alla fine non mi sono mai spostato. Proposi una volta di andare a Piombino ma non vollero perché servivo sul posto. Alla fine è stato meglio perché sono andato in pensione a 50 anni.
I ricordi sono positivi, era un lavoro, mi sono fatto la famiglia. Mi sposai nel 1964 quando venni da militare dopo 3 mesi. Alla fine mi sono fatto la famiglia lavorando in miniera. Poi non ho più fatto altro nonostante mi chiamassero. Ho fatto successivamente 22 anni di Protezione Civile e adesso ho 80 anni.
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